E se [33r] questa era la principale causa che Lione diceva che l'aveva mosso a collegarsi con Cesare, ma io, essaminato le qualità sue e quanto egli conosceva e quanto bene discorreva e tritava e' partiti innanzi gli pigliassi e quanto desiderassi essaltare la Chiesa, non mi posso persuadere che la ragione detta di sopra lo movessi e che egli non conoscessi certo che la essaltazione di Cesare era la depressione sua, e che per niente la volessi.
Ma la mala fortuna di Italia lo indusse a fare quello che nessuno uomo prudente arebbe fatto. E lo mossono assai le persuasioni di Ieronimo Adorno, al quale il Papa prestava gran fede. Egli era stato assai in corte di Carlo e lo predicava per uomo religioso, cattolico, osservatore di fede, alieno dal sangue, e che non desiderava più in Italia un palmo di terra di quello avessi, e che la guerra che pensava di fare al re di Francia non era a altro fine che per potere vivere in pace e venir seco a una composizione per potere liberamente fare l'impresa contra il Turco.
E se bene Leone non doveva prestare tanta fede alle parole di Ieronimo, che lo dovessino indurre a fare sì grande errore, fu tirato dalla oppenione che aveva che i Svizzeri in ogni evento l'avessino a aiutare perché, poiché fu Papa, dava ogni anno loro scudi trentamila di pensione, perché non li fussino contro e perché, quando n'avessi bisogno, venissino a servirlo, pagandoli. Et indicava che essi non volessino la grandezza di Cesare e pensava che, ogni volta che Cesare non stessi alle promesse, poterlo con le forze loro battere e farlo tornare a segno.
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