A pena era aperto il Conclavi che il duca di Sessa, oratore di Cesare, con l'arroganzia spagnuola, li andò monstrando che lui era stato eletto pontefice con il favore di Cesare e che non bastava che egli seguissi nella Lega, che aveva fatta [40v] Adriano, che disponeva circa la spesa quello è scritto di sopra, perché bisognavano più danari, accennandoli che Cesare pensava lasciare la spesa della guerra in gran parte sopra di lui.
Clemente, trovandosi senza danari e senza modo alcuno di poterne provedere, dava parole, onde in pochi giorni divenne sospetto a detto Duca. El quale, non si volendo alterare né rompere col Papa, pensò a strignere e' Fiorentini e non solo con parole, ma con minacce. Né Clemente vi poteva rimediare, perché era troppo debole, et i Fiorentini, sentendosi minacciare in sulla creazione sua, scopersono che questo procedeva dalla poca riputazione del Papa, perché non si potevono persuadere procedessi da poca affezione, avendo, mentre vi era stato, non solo durato fatica e con la persona e con lo ingegno, ma spesovi ancora danari assai. Et avendo preso conforto in sulla creazione sua stimando avere a essere riguardati, s'aviddono che questo non era per riuscire: e li amici a poco a poco cominciorono a meno amarlo, e li inimici a men temerlo. Andorono a Roma, secondo l'uso, dieci oratori a darli l'ubidienzia. E Palla Rucellai, uno d'essi, fece in consistorio publico una orazione degna di qualunque eccellente oratore.
Nella stanza feciono in Roma detti oratori, Clemente volle consultare con essi come si doveva governare Firenze, poi che lui, che n'aveva avuto la cura qualche anno, non vi poteva più attendere.
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