Ridussonsi poi a porre il campo a Marsilia, dove era Renzo da Ceri per il Re, che la fortificò in pochi giorni, in modo che potette sostenere per più giorni li assalti delli inimici.
Francesco, avendo quasi perduto l'essercito in Italia [42r] e trovandosi assaltato in Provenza, si volse a fare gran provisioni, e preste. Ma, non si potendo nel regno di Francia fare numero di fanti buoni, fu forzato a ricercare Svizzeri et Alamanni li quali, secondo il solito loro, non furono molto presti. Egli, in quel mezzo, attese a ordinare le genti a cavallo e l'artiglierie e, come i fanti giunsono, con tutto l'essercito s'inviò verso Marsilia. Il che come i Cesarei intesono, deliberorno non l'aspettare, ma subito voltare per tornarsene in Lombardia.
Il Re, intesa la resoluzione dei nimici, avendo fatto grossa spesa e trovandosi buono essercito, deliberò venire in Italia e pensò giugnere in Lombardia prima che gl'inimici, perché essaminò che loro, avendo a fare la via per luoghi montuosi e dificili e per paese inimico, fussino constretti tornarsene a piccole giornate. Li Cesarei, avendo avuto notizia di questo suo disegno, affrettorono il cammino quanto potettono et a punto giunsono in Alessandria, quando il Re in Noara. E passarono il Po e messono buona guardia in Pavia. E Pescara e Borbone n'andorono volando in Milano, et il Viceré verso Cremona, perché non si fidavano né de' Veniziani né del Papa.
Francesco, mosso da Noara, passò il Tesino, e andava con tutto l'essercito a Milano. Il che come Ferrando e Borbone intesono, non confidando di quel popolo, si ridussono con le loro genti verso Cremona, dove era il Viceré. Ma come Francesco lo intese, non volle più seguire il cammino verso Milano, avendo dubbio, come buono e pietoso principe, non potere riparare, entrandovi, che l'essercito suo non lo mettessi a sacco.
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