E vi mandò solo Teodoro Triulzio con dugento lance e dumila fanti, al quale il popolo di Milano subito si dette. E così la troppa benignità di Francesco fece che non vinse la guerra, perché, se egli andava a Milano e poi seguitava i Cesarei verso Cremona, li quali erano in fuga e sbigottiti, loro erano necessitati o venire alla giornata con grande disavantaggio o abbandonare tutto lo stato di Milano e salvarsi nelle terre de' Veniziani o del Papa. Ma Francesco fu consigliato di vincere a passo a passo, né si lasciare drieto Pavia, dove era buona banda di inimici.
Era alla fine del mese d'ottobre, l'anno ventiquattro, quando il Re s'accampò a Pavia, pensando in pochi dì [42v] ottenerla. Alla difesa di quella terra era capo Antonio di Leva, spagnuolo, con circa mille fanti della medesima nazione e cinquemila Tedeschi. Il Re fece piantare l'artiglieria e dare uno principio di battaglia, la quale successe poco felice. Et avendovi posto il campo, non pareva se ne potessi levare con onore; e fu consigliato dalla più parte delli suoi che stessi tanto intorno a quella città, che la pigliassi col batterla o con obsidione. Francesco era venuto in Italia con grandissima celerità et aveva, col pigliare Milano in su la prima giunta, acquistato assai di riputazione, ma la espugnazione lenta di Pavia cominciò a fargnene mancare.
E' Veniziani, che avevono fatto la lega con Cesare e con papa Adriano, poi che egli era morto, dicevono che quella era finita e si stavano quasi di mezzo, e più presto inclinavono a Francesco.
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