Carlo, al quale pareva gran gloria che uno re di Francia venissi prigione in Ispagna, rimesse tutto questo negozio al Viceré. Lui, elato di condurre prigione uno tanto principe iinanzi al suo Signore et ancora desiderando satisfare al Re, si volse condurlo in Ispagna, sanza conferirlo né a Borbone né a Pescara che credevono che, quando il Viceré lo levò di Pizzicatone per condurlo a Genova, lo dovessi poi fare imbarcare quivi per Napoli. Ma egli, come l'ebbe in mare [45r], fece voltare le galee al cammino di Barzalona e sei galee del Re vennono da Marsilia a incontrarlo, secondo aveva ordinato Memoransì, in su le quali il Viceré fece montare uomini suoi. Et in pochi giorni tutta questa armata arrivò a Barzalona.
Pescara e Borbone rimasono tanto male contenti, quanto non si potrebbe scrivere, e Pescara, al quale infatto pareva avere dato la vittoria a Cesare, sfidò il Viceré a battaglia chiamandolo traditore.
Clemente, oltre a essere male satisfatto delli Cesarei perché non li era ottenuta cosa alcuna del convenuto, era tutto giorno sollecitato da' Veniziani di collegarsi con loro; e la madre del Re lo stimolava con uomini e lettere, promettendoli cose grandi. Il duca di Milano, che aveva molto sopportato in questa guerra, quando credette avere la investitura libera del ducato da Carlo, intese che era venuta nelle mani del Viceré, ma con condizione che non li fussi data, se non pagava ducati secentomila per le spese della guerra e s'obligassi poi a dare ciascuno anno a Ferrando, fratello di Cesare, ducati quindicimila, e che dovessi pigliare e' sali da detto Ferrando per tutto lo stato.
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