Pescara, quando gli parve avere tanto da costui che gli bastassi, un giorno che egli lo andava a vicitare a Noara e conferire certe cose per parte del suo Duca, lo fece prigione e lo fece confessare tutte le pratiche e del Duca, Veniziani e Papa.
Il che come il Duca intese, si ritirò [46r] nel Castello di Milano, el quale molto tempo inanzi li era pervenuto nelle mani perché li Franzesi che vi erano a guardia, constretti dalla fame, dopo lunga obsidione, gnene dettono. E la città, per detta ritirata del Duca, restò tutta a discrezione de' Cesarei, dove Pescara corse subito e, contro alle promesse che fece a' Milanesi, vi condusse quasi tutte le genti a piè et a cavallo, che egli si trovava in Lombardia.
Et essaminato diligentemente il Morone, gli fece dire quello sapeva e quello non sapeva e mandò l'essamina in Ispagna a Cesare, confortandolo a insignorirsi d'Italia per forza e non per accordo. E fece le trincee intorno al Castello di Milano, come vi erano state fatte altra volta quando vi erono e' Franzesi dal signor Prospero.
Clemente, trovandosi scoperto d'avere tentato contro a Carlo, stava di malo animo. E benché il Morone non potessi monstrare del Papa altro che parole, erono tante e con tanti verisimili che, aggiunte alla mala disposizione che aveva Carlo e Pescara verso lui, bastavano.
E del continuo si tenevono pratiche tra Luisa madre del Re, Veniziani e Papa di collegarsi. Pure Clemente iudicava partito molto pericoloso convenire con Luisa, mentre che il figlio era prigione, perché, sendoli madre, come Carlo avessi offerto liberarlo, arebbe rotto ogni convenzione.
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