Ma egli vedeva Carlo potentissimo, vedeva la Francia, per la rotta che lui aveva avuto, nella quale si erono perduti e' principali signori di quel regno, e per la presa sua, invilita et indebolita, e considerava che se Cesare l'assediava, non vi era chi la difendessi, perché e' figli erono piccoli e gli principi sarebbono stati in discordia tra loro di chi li dovessi governare. Et iudicava non potere tenere altro modo a salvarla, se non questo che egli tenne. E se ancora Carlo fussi voluto stare alla semplice fede e parola sua di quanto convennono insieme, parrebbe, in un certo modo, si potessi dolere che egli fussi mancato di gratitudine, ma avendo voluto i figli per obsidi, non ha causa alcuna di potersi iustamente querelare.
E ciascuno che intende sì prudente e nobile atto, come ho detto di sopra, lo debbo estollere insino al cielo perché si può dire che Francesco, re di Francia, per liberare il regno, abbi esposto li proprii e da lui tanto teneramente amati figli; e, se avessi fatto altrimenti, meriterebbe grandissima riprensione perché si sarebbe potuto credere che egli amassi più e' figli che la patria e che, per vivere in ozio et in piacere, non si curassi di quella: e li piaceri, mentre era prigione di Cesare, non li erono per mancare.
Ma cosa avessi pensato bene al caso suo Clemente, come fece Francesco! E se bene [48r] le azioni de' principi non debbono essere dannate o commendate secondo li effetti sortiscono, ma secondo sono cominciate e ordinate con ragione o no, il partito che prese Clemente fu troppo animoso a un pontefice senza denari e che non può fare la guerra in persona.
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