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      El quale Giovanni, [andando un giorno a speculare un sito dove i nimici s'erano fatti forti con animo di tôrlo loro con gran lor danno], fu ferito d'un tiro d'un moschetto in una gamba [ché di poco tempo innanzi avevono avuti certi pezzi d'artiglieria minuta dal duca di Ferrara, senza che i nostri n'avessino notizia, e di questa] ferita in quattro giorni morì.
      Come lui fu morto, il duca d'Urbino, che prima si vantava che li Tedeschi non passerebbono il Po, subito, lasciate spargere le genti sue per il Mantovano, si ridusse a Mantova; e loro, senza ostaculo alcuno, passorono il Po, non in su ponte ordinato, ma in sulle barche, a cinquanta e cento per volta, e si missono tra Reggio e Modona.
      Clemente, intesa la morte di Giovanni et il passare che avevono fatto i Tedeschi il Po, cominciò forte a temere. E quasi in uno medesimo tempo ebbe nuove che il Viceré era arrivato al porto di Santo Stefano, in quel di Siena, con ventitré navi, il quale aveva combattuto con Andrea Doria e con Pietro Navarro in mare, vicino alla Corsica, e ricevuto danno assai. Et intra li altri, li avevono affondato una nave, dove erono su cinquecento uomini da guerra e qualche signore. Pure il vento levò la sua armata dinanzi alle loro galee e male condizionata giunse a quel porto, dove non stette più che un dì perché, avendo vento a proposito, andò a disbarcare e' fanti a Gaeta, e' quali si dicevono essere settemila tra ispagnuoli e tedeschi. Ma furono in quel viaggio tanto battuti dal mare, che poco si poterono adoperare nella guerra che seguì poi.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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