Gl'Imperiali si condussono presso a Bologna, dove erono drento tutte le genti del Papa e de' Franzesi. Il duca d'Urbino era restato in Mantovano, alquanto indisposto. Li Cesarei, non potendo entrare in Bologna né correre molto il paese, rispetto alle piove e nevi, arebbono patito assai, ma il duca di Ferrara gli soccorse e di vivere [54v] e di danari.
Carlo della Noi, viceré, vedendo le cose del Regno succedere male et essaminando che, col convenire col Papa, si levava la guerra da dosso e faceva Cesare signore d'Italia e, quando bene riuscissi che l'essercito che era presso a Bologna vincessi, in quel modo che Borbone sapessi disegnare, Cesare sarebbe signore d'Italia, disfatta e rovinata, si volse alla convenzione. E Clemente, non avendo danari né a Roma né a Firenze, la fece volentieri; e pel mezzo del Generale, del quale dissi di sopra, si concluse. Et il Papa subito richiamò le sue genti del Regno et il Viceré venne a Roma e mandò Cesare Fieramosca a significare a Borbone come aveva accordato, con condizione che avessi ducati sessantacinquemila a Bologna e che non procedessi più inanzi contro alle terre del Papa e Fiorentini.
Borbone, come quello che non voleva accordo perché pensava dovere essere duca di Milano, e come ritirava gli Spagnuoli in quello stato, dove loro stavono volentieri, gli pareva che ne fussino signori loro, subornò qualche capitano spagnuolo e così tedesco, non Giorgio Transberg perché lui era malato d'apoplessia a Ferrara, che dicessi che quelli che portava il Fieramosca erono pochi danari e che li fanti non si potevano contentare con essi; e lui disse al Fieramosca il medesimo.
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