Ma ti voglio domandare d'una cosa e ti priego me ne dica il vero: se questo vivere populare, o per dir meglio republica, ch'è ora nella città, ti piace.
BASILIO: Se io ti volessi rispondere a quello mi domandi, non bisognerebbe parlassimo d'altro questa notte, perché io non ti direi questo modo dispiacermi, se io non adducessi le cause, né direi piacermi sanza fare il medesimo.
Et a volere far questo sarebbe necessario discorrere tutta la Politica d'Aristotile e la Republica di Platone, e venire poi alli essempi delle republiche di Grecia, poi alla Romana e, ne' nostri tempi, alla Veniziana et alle republiche d'Alamagna. Né io sono per entrare in questo, perché t'infastidirei, ma ti dirò bene assoluto, che se la città nostra non amplia di dominio o d'entrate o non scema la metà de' cittadini, che in quella non può essere republica stabile.
E se tu noterai, da dugento anni in qua che la città nostra cominciò a crescere, sempre una fazione ha superato l'altra et una parte ha avuto le dignità e gli utili, e l'altra è stata a dire il giuoco. E questo procede perché l'aria in Firenze è molto generativa e ci multiplicano assai uomini et il dominio non è sì grande né l'entrate sono tante, che si possino pascere tutti; e però, una parte si pasce e l'altra sta malcontenta et aspetta il tempo per fare il medesimo.
Né credere che in questa città sia uomo che pensi a vivere libero, ma ciascuno pensa all'utile suo. E questi essempi di Bruto e Cassio, che si danno tanto per il capo, sono favole da dirle al fuoco, perché similmente loro non si mossono a congiurare contro a Cesare per zelo di Libertà o della patria, ma per ambizione et utilità perché, vedendo che in quel modo di vivere non potevono avere i primi gradi, come pareva loro meritare, non si curorono, per l'ambizione, mettere sottosopra tutto il mondo e far diventare la città di Roma, non serva, ma stiava a tanti crudeli tiranni o vogliamo dire uomini bestiali, quanti dipoi la dominorono.
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