Il Viceré, inteso questo, subito si mosse di Roma in poste e venne in Firenze per confortare e pregare e' Fiorentini, sapendo che il Papa non aveva danari, a provedere più somma che potevono. E dopo molte dispute, concluse che detti Fiorentini darebbono ducati centocinquantamila, ottantamila di presente et il resto per tutto maggio. E furono presenti a detta convenzione e consenzienti dua uomini di Borbone. E' Fiorentini providdono li ottantamila ducati con grandissima difficultà.
E perché s'intendeva che del continuo Borbone procedeva, il Viceré determinò andare là in persona per fermarlo e darli li ottantamila ducati e trovò lo essercito presso alla Pieve a Santo Stefano. E Borbone e li altri capi dissono che questi erono ancora pochi danari, onde il Viceré, disperato e non si fidando tornare in Firenze, se n'andò a Siena.
BASILIO: Se' tu uno di quelli semplici che creda il Viceré non tenessi le mani a questo trattato?
ANTONIO: O semplice o astuto che io sia, io credo che gli uomini faccino quello che iudichino sia a loro proposito.
Questo accordo, che il Viceré aveva fatto, era molto a benefizio di Cesare e di esso Viceré, in particulare, perché lui non poteva desiderare maggior grandezza che godere uno Regno di Napoli pacifico. E considerava che se questo essercito procedeva, se bene era vittorioso, quel Regno si empiva di soldati e si ruinava, come era ruinato il ducato di Milano, ma, se lo essercito avessi perduto, era certo di perdere ancora il Regno. E non so che maggior dimonstrazione poteva fare di volere lo accordo, che venire a Roma in mano d'uno Papa che non li era stato molto amico, poi mettersi a venire a Firenze in poste e mettere in pericolo la vita e l'onor suo.
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