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      E credo certo che lui sia morto poi di questo dolore, perché li è parso che con questo accordo il Papa abbi perduto Roma e Firenze e si sia ridotto in Castello come prigione, e lui esserne stato causa né poter fuggire la infamia di traditore.
      BASILIO: Il medesimo stimavo io, ma alli più non si trarrebbe del capo che il Viceré e Borbone non sieno stati d'accordo a ingannare il Papa.
      ANTONIO: Borbone con celerità seguì il suo cammino e lasciò tutte l'artiglierie a Siena e s'ingegnò d'avere più vettovaglie che potette da' Sanesi. Et alli 4 di maggio, in sabbato arrivò con lo essercito in Prati. E per non monstrare gagliardia, di nuovo fece tentare il Papa d'accordo, ma voleva tanti danari che era impossibile a provederli.
      Il Papa aveva in Roma il signor Renzo da Ceri et Orazio Baglioni e circa millecinquecento fanti sotto vari capi. Et il sabbato che arrivò, uscirono fuori certi cavalli leggieri di Giovan Paulo, figliuolo del signor Renzo, e più presto furono superiori che altrimenti.
      Il Papa, ancora che avessi pochi fanti, non stimava che Borbone si mettessi a dare la battaglia a Roma, sanza piantare artiglierie almanco da levare difese; né sapeva l'avessi lasciate in Siena e si persuadeva, avanti che Borbone potessi avere ordinato di dare la battaglia, che una parte almeno della gente sua più espedita dovessi essere arrivata in Roma; e per questo stava di buono animo. E perché lì altri facessino il medesimo, aveva fatto bandi aspri che nessuno si partissi né levassi robe. Et alle porte erono preposti a questo offizio Romani, quali proibivono a ciascuno il partire e mandar via robe e non accettavono licenzia alcuna, se bene fussi del Papa.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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