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      E però io, ancora che prevedessi questa ruina qualche dì avanti, mi trovai ingabbiato.
      Alli 5, Borbone andò vedendo le mura del Borgo, né si vidde disegnassi piantare artiglieria alcuna. Pure inverso la sera fece dare un leggieri assalto alle mura, quasi drieto a Campo Santo, e lì fanti ch'erono quivi a guardia lo ributtorono, onde ciascuno prese animo. Et ancora che non fussi venuto soccorso alcuno né s'intendessi fussi per venire, il Papa pensava con questa poca gente difendere il Borgo dua giorni, e sapeva che, in capo di dua giorni, per mancamento di vivere o che lo essercito inimico tornerebbe indrieto, o passerebbe il Tevere per ridursi, prima nelle terre de' Colonnesi, dipoi nel Regno.
      Alli 6, che era in lunedì, Borbone ordinò di dare la battaglia a punto drieto a casa il cardinale di Cesis e poi presso al monte, dov'è, drento, la vigna di Santo Spirito e, fuora, quella di mastro Bartolommeo da Bagnacavallo.
      Et accadde a punto che fu nebbia grandissima in modo che li bombardieri del Papa non vedevono dove avessino a indirizzare l'artiglierie per offendere li nimici. I quali dettono uno assalto gagliardo, pure furono ributtati, onde Borbone, disperato, prese una scala et andò verso le mura per dare animo alli altri a fare il medesimo. E, nell'andare, ebbe una ferita d'archibuso nella testa e subito morì.
      L'inimici, per questo non inviliti, seguitorno di nuovo in dare la battaglia et essendo li ripari deboli, li salirno. E come furono al pari de' defensori ebbono vinto, perché erono assai e li defensori pochi, e quelli pochi che volsono fare il debito del buon soldato, restorono morti.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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