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      Pure male mi sarei potuto fuggire, massime di giorno, ma la notte, perché io ero malato o lo fingevo, loro non mi guardavono, onde io presi partito una notte partirmi. E conferito questo mio pensiero con il mio servitore e pregatolo mi volessi accompagnare, lui fu contento. E la notte sequente, che fu il primo dì di luglio, ci partimmo e la mattina, all'aprire della porta, uscimmo per la Porta del Popolo e, con gran fatica, arrivammo la sera a Civita Castellana. E se io non avessi avuto meco quel tedesco, sarei suto preso e rubato sei volte, ma lui diceva che avevo pagato la taglia al suo patrone e però mi accompagnava.
      A Civita Castellana, trovammo male da mangiare e da bere e peggio da dormire. E per questo disagio e per quello avevo preso a camminare a piè insin quivi, e per li dolori auti in Roma, il dì sequente che io giunsi, mi prese una grandissima febbre. E venendo io di Roma, dove gli uomini morivono a migliaia, fu creduto certo fussi malato di peste e fummo, il mio servitore et io, serrati in una piccola stanza e da una finestra ci era porto un poco di pane e di vino, e bisognava pagarlo bene. La febbre andò seguitando di modo che, in capo di quindici dì, quelli che erono deputati sopra la peste furono chiari che il male mio non era contagioso, e dettono licenzia a me et al mio servitore d'andare per tutto.
      Ebbi male dua mesi e quando fui presso a guarito, ammalò il mio servitore et in capo d'un mese morì. Et io avevo speso tanto tra il mal mio et il suo, che delli cinquanta ducati avevo portato meco di Roma, non me ne restavono che dua, e con quelli mi partì' di Civita Castellana a piè, al fine d'ottobre, et in otto giorni mi condussi ad Arezzo; dove trovai un fratello di messer Paulo Valdambrino, che avevo già conosciuto a Roma, el quale mi fece carezze e mi condusse a casa sua, dove volse stessi quindici dì a riavermi.


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Scritti storici e politici
di Francesco Vettori
pagine 412

   





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