ANTONIO: L'intenzione mia non è narrare la vita di Iulio, ma monstrare quante cose fece contro a ragione che li successono bene. E benché fussi immerso ne' vizi, si riposò alla fine in pace e fu tenuto un grande e buono papa.
Di Leone voglio parlare poco, perché le azione sua ti sono note come a me, e forse più. E, mentre che lui era papa, stette molto tempo a Roma; et in effetto, o per buona sorte o per buon governo, nel suo pontificato a Roma non fu peste, non carestia, non guerra. E benché in molti luoghi d'Italia fussi guerra, questo faceva che Roma era più abitata, perché ogn'uomo concorreva quivi, come in porto sicuro; e chi aveva danari comprava offizi e di quelle entrate viveva commodamente. Morì adunque Leone, quanto al mondo, felice.
Quello sia successo a tempo di questo lo sai tu. Fatto senza simonia, è vivuto sempre religiosamente e prudente quanto un altro uomo. Non vende li benefizi, dice ogni giorno il suo offizio con devozione; alieno da ogni peccato carnale, sobrio nel bere e mangiare, dà ottimo essemplo di sé. Nondimeno a suo tempo sono sopravenuti a Roma et a lui tanti mali che poco peggiori ne potrebbono venire.
Sì che ti ho fatto questo discorso de' pontefici perché tu intenda che, se bene sempre è stato detto che i peccati di Roma meritano fragello, pure non è successo se non al tempo di questo Pontefice, quando io credevo avessi manco a succedere. E benché io prevedessi questo male qualche poco di tempo prima, però non potetti riparare a questo disordine, né levare le robe né me di Roma, per le cause sopradette.
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