Ed entrambi questi due piaceri erano altrettanti segni, l'uno di tutto lo studio che aveva egli da porre all'indagamento de' princìpi del dritto universale, l'altro del profitto che egli aveva a fare nella lingua latina, particolarmente negli usi della giurisprudenza romana, la cui più difficil parte è il saper diffinire i nomi di legge.
Studiato che egli ebbe le une ed altre instituzioni sopra i testi della ragione così civile come canonica, nulla curando queste che si dicon «materie» da insegnarsi dentro il cinquennio dell'erudizione legale, volle applicarsi ai tribunali; e dal signor don Carlo Antonio de Rosa, senatore di somma probità e protettor di sua casa, fu condotto ad apprendere la pratica del fòro dal signor Fabrizio del Vecchio, avvocato onestissimo, che poi vecchio morì dentro una somma povertà. E, per fargli apprender meglio la tela giudiziaria, portò la sorte che poco dipoi fu mossa lite a suo padre nel Sacro Consiglio, commessa al signor don Geronimo Acquaviva, la quale egli in età di sedici anni da sé la condusse e poi la difese in ruota, con l'assistenza di esso signor Fabrizio del Vecchio, con riportarne la vittoria. La quale dopo aver ragionata, ne meritò lode dal signor Pier Antonio Ciavarri, dottissimo giureconsulto, consigliere di quella ruota, e nell'uscire ne riportò gli abbracci dal signor Francesco Antonio Aquilante, vecchio avvocato di quel tribunale, che gli era stato avversario.
Ma quindi, come da assai molti simili argomenti, si può facilmente intendere che uomini in altre parti del sapere ben avviati, in altre si raggirino in miserevoli errori per difetto che non sono guidati e condotti da una sapienza intiera e che si corrisponda in tutte le parti.
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