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      Con questa dottrina e con questa erudizione il Vico si ricevé in Napoli come forestiero nella sua patria, e vi ritruovò sul più bello celebrarsi dagli uomini letterati di conto la fisica di Renato. Quella di Aristotile, e per sé e molto più per le alterazioni eccessive degli scolastici, era già divenuta una favola. La metafisica - che nel Cinquecento aveva allogato nell'ordine più sublime della letteratura i Marsili Ficini, i Pici della Mirandola, amendue gli Augustini e Nifo e Steuchio, i Giacopi Mazzoni, gli Alessandri Piccolomini, i Mattei Acquavivi, i Franceschi Patrizi, ed avea tanto conferito alla poesia, alla storia, all'eloquenza, che tutta Grecia, nel tempo che fu più dotta e ben parlante, sembrava essere in Italia risurta - era ella riputata degna da star racchiusa ne' chiostri; e di Platone soltanto si arrecava alcun luogo in uso della poesia, o per ostentare un'erudizion da memoria. Si condannava la logica scolastica, e si appruovava riporsi in di lei luogo gli Elementi di Euclide. La medicina, per le spesse mutazioni de' sistemi di fisica, era decaduta nello scetticismo, ed i medici avevano incominciato a stare sull'acatalepsia o sia incomprendevolità del vero circa la natura dei morbi, e sospendersi sull'epoca o sia sostentazion dell'assenso a darne i giudizi e adoperarvi efficaci rimedi; e la galenica, la quale, coltivata innanzi con la filosofia greca e con la greca lingua, aveva dato tanti medici incomparabili, per la grande ignoranza dei suoi seguaci di questi tempi era andata in un sommo disprezzo.


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Vita di Giovambattista Vico scritta da se medesimo
di Giambattista Vico
pagine 92

   





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