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      Le prime tre trattano principalmente de' fini convenevoli alla natura umana, le due altre principalmente de' fini politici, la sesta del fine cristiano.
      La prima, recitata li diciotto di ottobre 1699, propone che coltiviamo la forza della nostra mente divina in tutte le sue facoltà, su questo argomento: Suam ipsius cognitionem ad omnem doctrinarum orbem brevi absolvendum maximo cuique esse incitamento. E pruova la mente umana in via di proporzione esser il dio dell'uomo, come Iddio è la mente del tutto; dimostra le meraviglie della facoltà della mente partitamente, o sieno sensi o fantasia o memoria o ingegno o raziocinio, come operino con divine forze di speditezza, facilità ed efficacia e ad un medesimo tempo diversissime cose e moltissime; che i fanciulli, vacui di pravi affetti e di vizi, di tre o quattro anni trastullando si ritruovano aver già appresi gl'intieri lessici delle loro lingue native; che Socrate non tanto richiamò la morale filosofia dal cielo, quanto esso v'innalzò l'animo nostro, e coloro i quali con le invenzioni furono sollevati in ciel tra gli dèi, quelli sono l'ingegno di ciascuno di noi; che sia meraviglia esservi tanti ignoranti, quando, come il fumo agli occhi, la puzza al naso, così sia contrario alla mente il non sapere, l'esser ingannato, il prender errore, onde sia da sommamente vituperarsi la negligenza; che non siamo dottissimi in tutto, unicamente perché non vogliamo esserlo, quando, col sol volere efficace, trasportati da estro, facciamo cose che, dopo fatte, l'ammiriamo come non da noi ma fatte da un dio.


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Vita di Giovambattista Vico scritta da se medesimo
di Giambattista Vico
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Suam Iddio Socrate