E perciò conchiude che, se in pochi anni un giovanetto non ha corso tutto l'orbe delle scienze, sia egli avvenuto o perché egli non ha voluto, o, se ha voluto, sia provvenuto per difetto de' maestri o di buon ordine di studiare o di fine degli studi, altrove collocato che di coltivare una specie di divinità dell'animo nostro. La seconda orazione, recitata l'anno 1700, contiene che informiamo l'animo delle virtù in conseguenza delle verità della mente, sopra questo argomento: Hostem hosti infensiorem infestioremque quam stultum sibi esse neminem. E fa vedere questo universo una gran città, nella quale con una legge eterna Iddio condanna gli stolti a fare una guerra contro di se medesimi, così concepita: «Eius legis tot sunt digito omnipotenti perscripta capita, quot sunt rerum omnium naturae. Caput de homine recitemus. Homo mortali corpore, aeterno animo esto. Ad duas res, verum honestumque, sive adeo mihi uni, nascitor. Mens verum falsumque dignoscito. Sensus menti ne imponunto. Ratio vitae auspicium, ductum imperiumque habeto. Cupiditates rationi parento... Bonis animi artibus laudem sibi parato. Virtute et constantia humanam felicitatem indipiscitor. Si quis stultus, sive per malam malitiam sive per luxum sive per ignaviam sive adeo per imprudentiam, secus faxit, perduellionis reus ipse secum bellum gerito», e vi descrive tragicamente la guerra. Dal qual luogo si vede apertamente che egli agitava fin da questo tempo nell'animo l'argomento, che poi trattò, del Diritto universale.
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Hostem Iddio Diritto
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