Egli si raggira d'intorno a' vantaggi e disvantaggi della maniera di studiare nostra, messa al confronto di quella degli antichi in tutte le spezie del sapere, e quali svantaggi della nostra e con quali ragioni si potessero schivare, e quelli che schivar non si possono con quai vantaggi degli antichi si potessero compensare, tanto che un'intiera università di oggidì fosse, per essemplo, un solo Platone con tutto il dì più che noi godemo sopra gli antichi; perché tutto il sapere umano e divino reggesse dapertutto con uno spirito e costasse in tutte le parti sue, sì che si dassero le scienze l'un'all'altra la mano, né alcuna fusse d'impedimento a nessuna. La dissertazione uscì l'istesso anno in dodicesimo dalle stampe di Felice Mosca. Il quale argomento, in fatti, è un abbozzo dell'opera che poi lavorò: De universi iuris uno principio ecc., di cui è appendice l'altra De constantia iurisprudentis.
E perché egli il Vico sempre aveva la mira a farsi merito con l'università nella giurisprudenza per altra via che di leggerla a giovinetti, vi trattò molto dell'arcano delle leggi degli antichi giurisprudenti romani, e diede un saggio di un sistema di giurisprudenza d'interpretare le leggi, quantunque private, con l'aspetto della ragione del governo romano. Circa la qual parte monsignor Vincenzo Vidania, prefetto de' regi studi, uomo dottissimo delle antichità romane, specialmente intorno alle leggi, che in quei tempi era in Barcellona, con una onorevolissima dissertazione gli oppose in ciò che il Vico aveva fermo: che i giureconsulti romani antichi fossero stati tutti patrizi; alla quale il Vico allora privatamente rispose e poi soddisfece pubblicamente con l'opera De universi iuris ecc., a' cui piedi si legge la dissertazione dell'illustrissimo Vidania con le risposte del Vico.
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