Restava finalmente che, perché il censo, per tutto il tempo innanzi, essendo stato l'erario de' nobili, i soli nobili se n'erano criati censori: poi che egli per cotal legge divenne patrimonio di tutto il popolo, ordinasse Filone nel terzo capo che si comunicasse alla plebe ancor la censura, il qual maestrato solo restava da comunicarsi alla plebe.
Se sopra quest'ipotesi si legga quindi innanzi la storia romana, a mille pruove si truoverà che vi reggono tutte le cose che narra, le quali, per le tre voci non diffinite anzidette, non hanno né alcun fondamento comune, né tra loro alcun convenevole rapporto particolare; onde quest'ipotesi perciò si dovrebbe ricever per vera. Ma, se ben si considera, questa non è tanto ipotesi quanto una verità meditata in idea, che poi con l'autorità truoverassi di fatto. E - posto ciò che Livio dice generalmente: gli asili essere stati «vetus urbes condentium consilium», come Romolo entro l'asilo aperto nel luco egli fondò la romana - ne dà l'istoria di tutte l'altre città del mondo de' tempi finora disperati a sapersi. Lo che è un saggio d'una storia ideal eterna (la quale dentro si medita e si ritruova), sopra la quale corrono in tempo le storie di tutte le nazioni.
XLIII
[Legge Petelia. - Anni del mondo 3661, di Roma 419 ]
Quest'altra legge fu comandata negli anni di Roma CCCCXIX, detta de nexu (e, sì, tre anni dopo la Publilia), da' consoli Caio Petelio e Lucio Papirio Mugilano; e contiene un altro punto massimo di cose romane, poiché con quella si rillasciò a' plebei la ragion feudale d'essere vassalli ligi de' nobili per cagion di debiti, per gli quali quelli tenevano questi, sovente tutta la vita, a lavorare per essi nelle loro private prigioni.
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