CIX
Gli uomini di corte idee stimano diritto quanto si è spiegato con le parole.
CX
È aurea la diffinizione ch'Ulpiano assegna dell'equità civile: ch'ella è «probabilis quædam ratio, non omnibus hominibus naturaliter cognita (com'è l'equità naturale), sed paucis tantum, qui, prudentia, usu, doctrina præditi, didicerunt quæ ad societatis humanæ conservationem sunt necessaria». La quale in bell'italiano si chiama «ragion di Stato».
CXI
Il certo delle leggi è un'oscurezza della ragione unicamente sostenuta dall'autorità, che le ci fa sperimentare dure nel praticarle, e siamo necessitati praticarle per lo di lor «certo», che in buon latino significa «particolarizzato» o, come le scuole dicono, «individuato»; nel qual senso «certum» e «commune», con troppa latina eleganza, son opposti tra loro.
Questa degnità, con le due seguenti diffinizioni, costituiscono il principio della ragion stretta, della qual è regola l'equità civile, al cui certo, o sia alla determinata particolarità delle cui parole, i barbari, d'idee particolari, naturalmente s'acquetano, e tale stimano il diritto che lor si debba. Onde ciò che in tali casi Ulpiano dice: «lex dura est, sed scripta est», tu diresti, con più bellezza latina e con maggior eleganza legale: «lex dura est, sed certa est».
CXII
Gli uomini intelligenti stimano diritto tutto ciò che detta essa uguale utilità delle cause.
CXIII
Il vero delle leggi è un certo lume e splendore di che ne illumina la ragion naturale; onde spesso i giureconsulti usan dire «verum est» per «æquum est».
| |
Ulpiano Stato Ulpiano
|