Ch'è la storia civile di quel motto:
... Iovis omnia plena,
che poi Platone prese per l'etere, che penetra ed empie tutto; ma per gli poeti teologi, come quindi a poco vedremo, Giove non fu più alto della cima de' monti. Quivi i primi uomini, che parlavan per cenni, dalla loro natura credettero i fulmini, i tuoni fussero cenni di Giove (onde poi da «nuo», «cennare» fu detta «numen» la «divina volontà», con una troppo sublime idea e degna da spiegare la maestà divina), che Giove comandasse co' cenni, e tali cenni fussero parole reali, e che la natura fusse la lingua di Giove; la scienza della qual lingua credettero universalmente le genti essere la divinazione, la qual da' greci ne fu detta «teologia», che vuol dire «scienza del parlar degli dèi». Così venne a Giove il temuto regno del fulmine, per lo qual egli è 'l re degli uomini e degli dèi; e vennero i due titoli: uno di «ottimo», in significato di «fortissimo» (come a rovescio appo i primi latini «fortus» significò ciò che agli ultimi significa «bonus»), e l'altro di «massimo», dal di lui vasto corpo quant'egli è 'l cielo. E da questo primo gran beneficio fatto al gener umano vennegli il titolo di «sotere» o di «salvadore», perché non gli fulminò (ch'è il primo degli tre princìpi ch'abbiamo preso di questa Scienza); e vennegli quel di «statore» o di «fermatore», perché fermò que' pochi giganti dal loro ferino divagamento, onde poi divennero i principi delle genti. Lo che i filologi latini troppo ristrinsero al fatto: perocché Giove, invocato da Romolo, avesse fermato i romani che nella battaglia co' sabini si erano messi in fuga.
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