Nunc fabularum cur sit inventum genus,
Brevi docebo. Servitus obnoxia,
Quia, quæ volebat non audebat dicere,
Affectus proprios in fabellas transtulit.
Æsopi illius semita feci viam,
come la favola della società lionina evidentemente lo ci conferma: perché i plebei erano detti «soci» dell'eroiche città, come nelle Degnità si è avvisato, e venivano a parte delle fatighe e pericoli nelle guerre, ma non delle prede e delle conquiste. Per ciò Esopo fu detto «servo», perché i plebei, come appresso sarà dimostro, erano famoli degli eroi. E ci fu narrato brutto, perché la bellezza civile era stimata dal nascere da' matrimoni solenni, che contraevano i soli eroi, com'anco appresso si mostrerà: appunto come fu egli brutto Tersite, che dev'essere carattere de' plebei che servivano agli eroi nella guerra troiana, ed è da Ulisse battuto con lo scettro di Agamennone, come gli antichi plebei romani a spalle nude erano battuti da' nobili con le verghe, «regium in morem», al narrar di Sallustio appo sant'Agostino nella Città di Dio, finché la legge Porzia allontanò le verghe dalle spalle romane,
Tali avvisi, adunque, utili al viver civile libero, dovetter esser sensi che nudrivano le plebi dell'eroiche città, dettati dalla ragion naturale: de' quali plebei per tal aspetto ne fu fatto carattere poetico Esopo, al quale poi furon attaccate le favole d'intorno alla morale filosofia; e ne fu fatto Esopo il primo morale filosofo nella stessa guisa che Solone fu fatto sappiente, ch'ordinò con le leggi la repubblica libera ateniese.
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