Però, senza alcun dubbio, per gli latini vi si adoperò Varrone, il quale, come nelle Degnità si è avvisato, ebbe la diligenza di raccogliere trentamila dèi, che dovettero bastare per un copioso vocabolario divino, da spiegare le genti del Lazio tutte le loro bisogne umane, ch'in que' tempi semplici e parchi dovetter esser pochissime, perch'erano le sole necessarie alla vita. Anco i greci ne numerarono trentamila, come nelle Degnità pur si è detto, i quali d'ogni sasso, d'ogni fonte o ruscello, d'ogni pianta, d'ogni scoglio fecero deitadi, nel qual numero sono le driadi, l'amadriadi, l'oreadi, le napee; appunto come gli americani ogni cosa che supera la loro picciola capacità fanno dèi. Talché le favole divine de' latini e de' greci dovetter essere i veri primi geroglifici, o caratteri sagri o divini, degli egizi.
Il secondo parlare, che risponde all'età degli eroi, dissero gli egizi essersi parlato per simboli, a' quali sono da ridursi l'imprese eroiche, che dovetter essere le somiglianze mute che da Omero si dicono sémata (i segni co' quali scrivevan gli eroi); e 'n conseguenza dovetter essere metafore o immagini o somiglianze o comparazioni, che poi, con lingua articolata, fanno tutta la suppellettile della favella poetica. Perché certamente Omero, per una risoluta niegazione di Giuseffo ebreo che non ci sia venuto scrittore più antico di lui, egli vien ad essere il primo autor della lingua greca, e, avendo noi da' greci tutto ciò che di essa n'è giunto, fu il primo autore di tutta la gentilità. Appo i latini le prime memorie della loro lingua son i frammenti de' Carmi saliari, e 'l primo scrittore che ce n'è stato narrato è Livio Andronico poeta.
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