In séguito del già detto, nello stesso tempo che si formò il carattere divino di Giove, che fu il primo di tutt'i pensieri umani della gentilità, incominciò parimente a formarsi la lingua articolata con l'onomatopea, con la quale tuttavia osserviamo spiegarsi felicemente i fanciulli. Ed esso Giove fu da' latini, dal fragor del tuono, detto dapprima «Ious»; dal fischio del fulmine da' greci fu detto Zéus; dal suono che dà il fuoco ove brucia, dagli orientali dovett'essere detto «Ur», onde venne «Urim», la potenza del fuoco; dalla quale stessa origine dovett'a' greci venir detto uranós il cielo, ed a' latini il verbo «uro», «bruciare»; a' quali, dallo stesso fischio del fulmine, dovette venire «cel», uno de' monosillabi d'Ausonio, ma con prononziarlo con la «ç» degli spagnuoli, perché costi l'argutezza del medesimo Ausonio, ove di Venere così bisquitta:
Nata salo, suscepta solo, patre edita coelo.
Dentro le quali origini è da avvertirsi che, con la stessa sublimità dell'invenzione della favola di Giove, qual abbiamo sopra osservato, incomincia egualmente sublime la locuzion poetica con l'onomatopea, la quale certamente Dionigi Longino pone tra' fonti del sublime, e l'avvertisce, appo Omero, nel suono che diede l'occhio di Polifemo, quando vi si ficcò la trave infuocata da Ulisse, che fece síz.
Seguitarono a formarsi le voci umane con l'interiezioni, che sono voci articolate all'émpito di passioni violente, che 'n tutte le lingue son monosillabe. Onde non è fuori del verisimile che, da' primi fulmini incominciata a destarsi negli uomini la maraviglia, nascesse la prima interiezione da quella di Giove, formata con la voce «pa!
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