Ed esser nati i nomi prima de' verbi ci è appruovato da questa eterna propietà: che non regge orazione se non comincia da nome ch'espresso o taciuto la regga.
Finalmente gli autori delle lingue si formarono i verbi, come osserviamo i fanciulli spiegar nomi, particelle, e tacer i verbi. Perché i nomi destano idee che lasciano fermi vestigi; le particelle, che significano esse modificazioni, fanno il medesimo; ma i verbi significano moti, i quali portano l'innanzi e 'l dopo, che sono misurati dall'indivisibile del presente, difficilissimo ad intendersi dagli stessi filosofi. Ed è un'osservazione fisica che di molto appruova ciò che diciamo, che tra noi vive un uomo onesto, tòcco da gravissima apoplessia, il quale mentova nomi e sì è affatto dimenticato de' verbi. E pur i verbi che sono generi di tutti gli altri - quali sono «sum» dell'essere, al quale si riducono tutte l'essenze, ch'è tanto dire tutte le cose metafisiche; «sto» della quiete, «eo» del moto, a' quali si riducono tutte le cose fisiche; «do», «dico» e «facio», a' quali si riducono tutte le cose agibili, sien o morali o famigliari o finalmente civili - dovetter incominciare dagl'imperativi; perché nello stato delle famiglie, povero in sommo grado di lingua, i padri soli dovettero favellare e dar gli ordini a' figliuoli ed a' famoli, e questi, sotto i terribili imperi famigliari, quali poco appresso vedremo, con cieco ossequio dovevano tacendo eseguirne i comandi. I quali imperativi sono tutti monosillabi, quali ci son rimasti «es», «sta», «i», «da», «dic», «fac».
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