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      Però non nacque spondaico per lo gran timor del Pitone, come la volgar tradizione racconta; la qual perturbazione affretta l'idee e le voci più tosto che le ritarda, onde appo i latini «solicitus» e «festinans» significano «timoroso»: ma per la tardezza delle menti e difficultà delle lingue degli autori delle nazioni nacque prima, come abbiam dimostro, spondaico, di che si mantiene in possesso, che nell'ultima sede non lascia mai lo spondeo; dappoi, faccendosi più spedite e le menti e le lingue, v'ammise il dattilo; appresso, spedendosi entrambe vieppiù, nacque il giambico, il cui piede è detto «presto» da Orazio (come di tali origini si sono proposte due Degnità); finalmente, fattesi quelle speditissime, venne la prosa, la quale, come testé si è veduto, parla quasi per generi intelligibili; ed alla prosa il verso giambico s'appressa tanto, che spesso innavedutamente cadeva a' prosatori scrivendo.
      Così il canto s'andò ne' versi affrettando co' medesimi passi co' quali si spedirono nelle nazioni e le lingue e l'idee, come anco nelle Degnità si è avvisato.
      Tal filosofia ci è confermata dalla storia, la quale la più antica cosa che narra sono gli oracoli e le sibille, come nelle Degnità si è proposto; onde, per significare una cosa esser antichissima, vi era il detto: «quella essere più vecchia della sibilla»; e le sibille furono sparse per tutte le prime nazioni, delle quali ci sono pervenute pur dodici. Ed è volgar tradizione che le sibille cantarono in verso eroico, e gli oracoli per tutte le nazioni pur in verso eroico davano le risposte; onde tal verso da' greci fu detto «pizio» dal loro famoso oracolo d'Apollo pizio (il qual dovette così appellarsi dall'ucciso serpente detto Pitone, onde noi sopra abbiam detto esser nato il primo verso spondaico), e da' latini fu detto «verso saturnio», come ne accerta Festo; che dovette in Italia nascere nell'età di Saturno, che risponde all'età dell'oro de' greci, nella quale Apollo, come gli altri dèi, praticava in terra con gli uomini.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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