Le quali cose tutte qui ragionate, a maraviglia ci si conferma esser vere da ciò: che, per uniformità d'idee, appo gli egizi, gli antichi toscani, romani e gl'inghilesi, che l'usano per fregio della lor arma reale, si formò questo geroglifico, appo tutti uniforme: un'aquila in cima ad uno scettro, ch'appo queste nazioni, tra loro per immensi spazi di terre e mari divise, dovette egualmente significare ch'i reami ebbero i loro incominciamenti da' primi regni divini di Giove in forza de' di lui auspìci. Finalmente, essendosi introdutti i commerzi con danaio coniato, si ritruovarono le medaglie apparecchiate per l'uso delle monete, le quali, dall'uso di esse medaglie, furon dette «monetæ» a «monendo» appresso i latini, come dall'insegne fu detto «insegnare» appresso gl'italiani. Così da nómos venne nómisma, lo che ci disse Aristotile; e indi ancor forse venne detto a' latini «numus», ch'i migliori scrivono con un «m»; e i francesi dicono «loy» la legge ed «aloy» la moneta; i quali parlari non possono altronde essere provenuti che dalla «legge» o «diritto», significato con geroglifico, ch'è l'uso appunto delle medaglie. Tutto lo che a maraviglia si conferma dalle voci «ducato», detto a «ducendo», ch'è propio de' capitani; «soldo» ond'è detto «soldato»; e «scudo», arma di difesa, ch'innanzi significò il fondamento dell'armi gentilizie, che dapprima fu la terra colta di ciascun padre nel tempo delle famiglie, come appresso sarà dimostro. Quindi devon aver luce le tante medaglie antiche, ove si vede o un altare, o un lituo, ch'era la verga degli àuguri con cui prendevan gli auspìci, come si è sopra detto, o un treppiedi, donde si rendevan gli oracoli, ond'e quel motto «dictum ex tripode», «detto d'oracolo».
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Giove Aristotile
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