Poi vennero Aristotile, che 'nsegnò il sillogismo, il qual è un metodo che più tosto spiega gli universali ne' loro particolari che unisce particolari per raccogliere universali; e Zenone col sorite, il quale risponde al metodo de' moderni filosofanti, ch'assottiglia, non aguzza, gl'ingegni; e non fruttarono alcuna cosa più di rimarco a pro del gener umano. Onde a gran ragione il Verulamio, gran filosofo egualmente e politico, propone, commenda ed illustra l'induzione nel suo Organo; ed è seguito tuttavia dagl'inghilesi con gran frutto della sperimentale filosofia.
VII
Da questa storia d'umane idee si convincono ad evidenza del loro comun errore tutti coloro i quali, occupati dalla falsa comune oppenione della somma sapienza ch'ebber gli antichi, han creduto Minosse, primo legislator delle genti, Teseo agli ateniesi, Ligurgo agli spartani, Romolo ed altri romani re aver ordinato leggi universali. Perché l'antichissime leggi si osservano concepute comandando o vietando ad un solo, le quali poi correvan per tutti appresso (tanto i primi popoli eran incapaci d'universali); e pure non le concepivano senonsé fussero avvenuti i fatti che domandavanle. E la legge di Tullo Ostilio nell'accusa d'Orazio non è che la pena, la qual i duumviri per ciò criati dal re dettano contro l'inclito reo, e «lex horrendi carminis» è acclamata da Livio; talch'ella è una delle leggi che Dragone scrisse col sangue e «leges sanguinis» chiama la sagra storia. Perché la riflessione di Livio: che 'l re non volle esso pubblicarla per non esser autore di giudizio sì tristo ed ingrato al popolo, ella è affatto ridevole, quando esso re ne prescrive la formola della condennagione a' duumviri, per la quale questi non potevan assolver Orazio, neppure ritruovato innocente.
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