E uscirono con tre solennità.
La prima delle quali furono gli auspìci di Giove, presi da que' fulmini onde i giganti indutti furono a celebrargli: dalla qual sorte appo i romani restò il matrimonio diffinito «omnis vitæ consortium», e ne furono il marito e la moglie detti «consortes», e tuttavia da noi le donzelle volgarmente si dicono «prender sorte» per «maritarsi». Da tal determinata guisa e da tal primo tempo del mondo restò quel diritto delle genti: che le mogli passino nella religion pubblica de' lor mariti, perocché i mariti incominciarono a comunicare le loro prime umane idee con le loro donne dall'idea d'una loro divinità, che gli sforzò a strascinarle dentro le loro grotte; e sì questa volgar metafisica incominciò anch'ella in Dio a conoscer la mente umana. E da questo primo punto di tutte le umane cose dovettero gli uomini gentili incominciar a lodare gli dèi, nel senso, con cui parlò il diritto romano antico, di «citare» e «nominatamente chiamare»; donde restò «laudare auctores», perché citassero in autori gli dèi di tutto ciò che facevan essi uomini: che dovetter esser le lodi ch'apparteneva agli uomini di dar agli dèi.
Da questa antichissima origine de' matrimoni è nato che le donne entrino nelle famiglie e case degli uomini co' quali son maritate; il qual costume natural delle genti si conservò da' romani, appo i quali le mogli erano a luogo di figliuole de' lor mariti e sorelle de' lor figliuoli. E quindi ancora i matrimoni dovettero incominciare non solo con una sola donna, come fu serbato da' romani (e Tacito ammira tal costume ne' germani antichi, che serbavano, come i romani, intiere le prime origini delle loro nazioni, e ne danno luogo di congetturare lo stesso di tutte l'altre ne' lor princìpi), ma anco in perpetua compagnia di lor vita, come restò in costume a moltissimi popoli; onde appo i romani furono diffinite le nozze, per questa propietà, «individuæ vitæ consuetudo», e appo gli stessi assai tardi s'introdusse il divorzio.
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Giove Dio Tacito
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