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      La qual istoria poetica serbarono i latini nella voce «latices» (che debbe venire a «latendo»), c'hanno l'aggiunto perpetuo di «puri», e significano l'acqua che sgorga dalla fontana; e tali «latices» de' latini devon essere le ninfe compagne di Diana appo i greci, a' quali «nymphæ» significavano lo stesso che «lymphæ»; e tali ninfe furon dette da' tempi ch'apprendevano tutte le cose per sostanze animate e, per lo più, umane, come sopra si è nella Metafisica ragionato.
      Appresso, i giganti pii, che furon i postati ne' monti, dovettero risentirsi del putore che davano i cadaveri de' lor trappassati, che marcivano loro da presso sopra la terra; onde si diedero a seppellirgli (de' quali si sono truovati e tuttavia si ritruovano vasti teschi ed ossa per lo più sopra l'alture de' monti; ch'è un grand'argomento che de' giganti empi, dispersi per le pianure e le valli dappertutto, i cadaveri marcendo inseppolti, furono i teschi e l'ossa o portati in mar da' torrenti o macerati alfin dalle piogge), e sparsero i sepolcri di tanta religione, o sia divino spavento, che «religiosa loca» per eccellenza restaron detti a' latini i luoghi ove fussero de' sepolcri. E quivi cominciò l'universale credenza, che noi pruovammo sopra ne' Princìpi (de' quali questo era il terzo che noi abbiamo preso di questa Scienza), cioè dell'immortalità dell'anime umane, le quali si dissero «dii manes» e nella legge delle XII Tavole, al capo De parricidio, «deivei parentum» si appellano. Altronde essi dovettero, in segno di seppoltura, o sopra o presso a ciascun tumulo, che altro dapprima non poté essere propiamente che terra alquanto rilevata (come de' germani antichi, i quali ci dan luogo di congetturare lo stesso costume di tutte l'altre prime barbare nazioni, al riferire di Tacito, stimavano di non dover gravare i morti di molta terra; ond'è quella preghiera per gli difonti: «Sit tibi terra levis»); dovettero, diciamo, in segno di seppoltura ficcar un ceppo, detto da' greci phúlax, che significa «custode», perché credevano, i semplici, che cotal ceppo il guardasse; e «cippus» a' latini restò a significare «sepolcro», ed agl'italiani «ceppo» significa «pianta d'albero geanologico». Onde dovette venir a' greci phulé, che significa «tribù»: e i romani descrivevano le loro geanologie disponendo le statue de' lor antenati nelle sale delle loro case per fili, che dissero «stemmata» (che dev'aver origine da «temen», che vuol dir «filo»; ond'è «subtemen», «filato», che si stende sotto nel tessersi delle tele); i quali fili geanologici poi da' giureconsulti si dissero «lineæ», e quindi «stemmata» restarono in questi tempi a significare «insegne gentilizie». Talch'è forte congettura che le prime terre con tali seppelliti sieno stati i primi scudi delle famiglie; onde dev'intendersi il motto della madre spartana, che consegna lo scudo al figliuolo che va alla guerra, dicendo: «aut cum hoc, aut in hoc», volendo dire «ritorna o con questo o sopra una bara»; siccome oggi in Napoli tuttavia la bara si chiama «scudo». E perché tai sepolcri erano nel fondo de' campi, che prima furon da semina, quindi gli scudi nella scienza del blasone son diffiniti il «fondamento del campo», che poi fu detto dell'«armi».


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
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