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      In confermazione di tutto ciò che finora dell'oro poetico si è qui detto, giova arrecare due costumi, che ancor si celebrano, de' quali non si possono spiegar le cagioni se non sopra questi princìpi. Il primo è del pomo d'oro, che si pone in mano agli re tralle solennità della lor coronazione; il quale dev'esser lo stesso che nelle lor imprese sostengono in cima alle loro corone reali: il qual costume non può altronde aver l'origine che dalle poma d'oro, che diciamo qui, del frumento, che anco qui si truoveranno essere stato geroglifico del dominio ch'avevano gli eroi delle terre (che forse i sacerdoti egizi significarono col pomo, se non è uovo, in bocca del loro Cnefo, del quale appresso ragionerassi), e che tal geroglifico ci sia stato portato da' barbari, i quali invasero tutte le nazioni soggette all'imperio romano. L'altro costume è delle monete d'oro, che tralle solennità delle loro nozze gli re donano alle loro spose regine; che devono venire da quest'oro poetico del frumento che qui diciamo (tanto che esse monete d'oro significano appunto le nozze eroiche che celebrarono gli antichi romani «coemptione et farre»), in conformità degli eroi, che racconta Omero che con le doti essi comperavan le mogli: in una pioggia del qual oro dovette cangiarsi Giove con Danae, chiusa in una torre (che dovett'esser il granaio), per significare l'abbondanza di questa solennità; con che si confà a maraviglia l'espression ebrea «et abundantia in turribus tuis». E ne fermano tal congettura i britanni antichi, appo i quali gli sposi, per solennità delle nozze, alle spose rigalavano le focacce.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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