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      Sopra queste prime terre Vesta sagrificava a Giove gli empi dell'infame comunione, i quali violavano i primi altari (che abbiam sopra detto esser i primi campi del grano, come appresso si spiegherà); che furono le prime ostie, le prime vittime delle gentilesche religioni: detti «Saturni hostiæ», come si è osservato sopra, da Plauto; detti «victimæ» a «victis», dall'esser deboli, perché soli (ch'in tal sentimento di «debole» è pur rimasto a' latini «victus»); e detti «hostes», perché furon tali empi, con giusta idea, riputati nimici di tutto il gener umano; e restonne a' romani e le vittime e l'ostie impastarsi e la fronte e le corna di farro. Da tal dea Vesta i medesimi romani dissero «vergini vestali» quelle che guardavano il fuoco eterno, il quale, se per mala sorte spegnevasi, si doveva riaccender dal sole, perché dal sole, come vedremo appresso, Prometeo rubò il primo fuoco e portollo in terra tra' greci, dal quale appiccato alle selve, incominciaron a coltivar i terreni. E per ciò Vesta è la dea delle divine cerimonie a' romani, perché il primo «colere» che nacque nel mondo della gentilità fu il coltivare la terra, e 'l primo culto fu ergere sì fatti altari, accendervi tal primo fuoco e farvi sopra sacrifici, come testé si è detto, degli uomini empi.
      Tal è la guisa con la quale si posero e si custodirono i termini ai campi. La qual divisione, come ci è narrata troppo generalmente da Ermogeniano giureconsulto - che si è immaginata fatta per deliberata convenzione degli uomini, e riuscita con tanta giustizia e osservata con altrettanto di buona fede, in tempi che non vi era ancora forza pubblica d'armi, e 'n conseguenza niuno imperio civile di leggi, - non può affatto intendersi che con l'essere stata fatta tra uomini sommamente fieri ed osservanti d'una qualche spaventosa religione, che gli avesse fermi e circoscritti entro di certe terre, e con queste sanguinose cerimonie avessero consagrato le prime mura, che pur i filologi dicono essere state descritte da' fondatori delle città con l'aratro, la cui curvatura, per le origini delle lingue che si sono sopra scoverte, dovette dirsi dapprima «urbs», ond'è l'antico «urbum», che vuol dire «curvo»: dalla quale stessa origine forse è «orbis»; talché dapprima «orbis terræ» dovett'essere ogni ricinto sì fatto, così basso che Remo passò con un salto e vi fu ucciso da Romolo, e gli storici latini narrano aver consegrato col suo sangue le prime mura di Roma.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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