Talché tal ricinto dovetter esser una siepe (ed appo i greci «séps» significa «serpe», nel suo significato eroico di «terra colta»); dalla quale origine deve venir detto «munire viam», lo che si fa con afforzare le siepi a' campi; onde le mura son dette «moenia», quasi «munia», come «munire» certamente restò per «fortificare». Tali siepi dovetter esser piantate di quelle piante ch'i latini dissero «sagmina», cioè di sanginelli, sambuci, che finoggi ne ritengono e l'uso e 'l nome; e si conservò tal voce «sagmina» per significar l'erbe di che si adornavan gli altari, e dovettero così dirsi dal «sangue» degli ammazzati, che come Remo, trascese l'avessero. Di che venne la santità alle mura, come si è detto; ed agli araldi altresì, che, come vedremo appresso, si coronavano di sì fatt'erbe, come certamente gli antichi ambasciadori romani il facevano con quelle còlte dalla ròcca del Campidoglio; e finalmente alle leggi ch'essi araldi portavano o della guerra o della pace: ond'è detta «sanctio» quella parte della legge ch'impon la pena a' di lei trasgressori. E quindi comincia quello che noi pruoviamo in quest'opera: che 'l diritto natural delle genti fu dalla divina provvedenza ordinato tra' popoli privatamente, il quale, nel conoscersi tra di loro, riconobbero esser loro comune: ché, perché gli araldi romani consagrati con sì fatt'erbe fussero inviolati tra gli altri popoli del Lazio, è necessario che quelli, senza saper nulla di questi, celebrassero lo stesso costume.
Così i padri di famiglia apparecchiarono la sussistenza alle loro famiglie eroiche con la religione, la qual esse con la religione si dovessero conservare.
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Remo Campidoglio Lazio
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