Ma, per ciò che 'l detto di Livio fa al nostro proposito, egli ci dimostra che gli asili furono l'origini delle città, delle quali è propietà eterna che gli uomini vi vivono sicuri da violenza. In cotal guisa dalla moltitudine degli empi vagabondi, dappertutto riparati e salvi nelle terre de' forti pii, venne a Giove il grazioso titolo d'«ospitale»: perocché sì fatti asili furono i primi «ospizi» del mondo, e sì fatti «ricevuti», come appresso vedremo, furono i primi «ospiti» ovvero «stranieri» delle prime città; e ne conservò la greca storia poetica, tralle molte fatighe d'Ercole, queste due: ch'egli andò per lo mondo spegnendo mostri, uomini nell'aspetto e bestie ne' lor costumi, e che purgò le lordissime stalle d'Augia.
Quivi le genti poetiche fantasticarono due altre maggiori divinità, una di Marte, un'altra di Venere: quello, per un carattere degli eroi, che, prima e propiamente, combatterono «pro aris et focis»; la qual sorta di combattere fu sempre eroica: combattere per la propia religione, a cui ricorre il gener umano ne' disperati soccorsi della natura; onde le guerre di religione sono sanguinosissime, e gli uomini libertini, invecchiando, perché si sentono mancar i soccorsi della natura, divengon religiosi; onde noi sopra prendemmo la religione per primo principio di questa Scienza. Quivi Marte combatté in veri campi reali e dentro veri reali scudi, che da «cluer» prima «clupei» e poi «clypei» si dissero da' romani; siccome a' tempi barbari ritornati i pascoli e le selve chiuse sono dette «difese». E tali scudi si caricavano di vere armi, le quali dapprima, che non v'erano armi ancora di ferro, furon aste d'alberi bruciate in punta e poi ritondate ed aguzzate alla cote per renderle atte a ferire; che sono l'«aste pure», o non armate di ferro, che si davano per premi militari a' soldati romani i quali si erano eroicamente portati in guerra.
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