I
Che quello che dicono, che l'antichissime vendite e compere furono permutazioni, ove fussero di robe stabili, elleno dovetter esser quelli che nella barbarie ricorsa furon detti «livelli»; de' quali s'intese l'utilità, perch'altri abbondasse di fondi i quali dassero copia di frutti, de' quali altri avesse scarsezza, e così a vicenda.
II
Le locazioni di case non potevano celebrarsi quand'erano picciole le città e l'abitazioni ristrette: talché si dovettero da' padroni de' suoli quelli darsi perch'altri vi fabbricasse; e sì non poteron esser altri che censi.
III
Le locazioni de' terreni dovetter essere enfiteusi, che da' latini furono dette «clientelæ»; ond'i gramatici dissero, indovinando, che «clientes» fussero stati detti quasi «colentes».
IV
Talché questa dev'esser la cagione onde, per la barbarie ricorsa, negli antichi archivi non si leggon altri contratti che censi di case o poderi, o in perpetuo o a tempo.
V
Ch'è forse la ragione perché l'enfiteusi è contratto «de iure civili»; che, per questi princìpi, si truoverà essere lo stesso che «de iure heroico romanorum», a cui Ulpiano oppone il «ius naturale gentium humanarum», che disse «umane» in rapporto al gius delle genti barbare che furon prima, non delle genti barbare ch'a' suoi tempi erano fuori dell'imperio romano, il quale nulla importava a' romani giureconsulti.
VI
Le società non erano conosciute, per quel costume ciclopico ch'ogni padre di famiglia curava solamente le cose sue e nulla impacciavasi di quelle d'altrui, come, sopra, Omero ci ha fatto udire nel racconto che fa Polifemo ad Ulisse.
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