Talché è da dirsi che, con l'errore che Minerva fusse stata intesa da' poeti teologi per la sapienza, vada di concerto quell'altro che «curia» fusse stata detta a «curanda republica», in que' tempi che le nazioni erano stordite e stupide. La qual dovette a' greci antichissimi venir detta churía da chéir, la «mano», e indi «curia» similmente a' latini, per uno di questi due grandi rottami d'antichità, che (come si è detto nella Tavola cronologica e nelle ivi scritte Annotazioni) per buona nostra ventura Dionigi Petavio truova gittati dentro la storia greca innanzi l'età degli eroi di Grecia e, 'n conseguenza, in questa, da noi qui seguita, età degli dèi degli egizi.
Uno è che gli Eraclidi, ovvero discendenti d'Ercole, erano stati sparsi per tutta Grecia, anco nell'Attica, ove fu Atene, e che poi si ritirarono nel Peloponneso, ove fu Sparta, repubblica o regno aristocratico di due re della razza d'Ercole, detti Eraclidi, ovvero nobili, che amministravano le leggi e le guerre sotto la custodia degli efori. I quali erano custodi della libertà non già popolare ma signorile, che fecero strozzare il re Agide, perché aveva attentato di portar al popolo una legge di conto nuovo, la quale Livio diffinisce «facem ad accendendum adversus optimates plebem», ed un'altra testamentaria, la quale divolgava i retaggi fuori dell'ordine de' nobili, tra' quali soli innanzi si erano conservati con le successioni legittime, perché essi soli avevano dovuto avere suità, agnazioni, gentilità; della qual fatta erano state in Roma innanzi della legge delle XII Tavole, come appresso sarà dimostro: onde, come i Cassi, i Capitolini, i Gracchi ed altri principali cittadini, per volere, con qualche legge sì fatta, d'un poco sollevare la povera oppressa plebe romana, furono dal senato dichiarati ed uccisi come rubelli; così Agide fu fatto strozzare dagli efori.
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