Con le quali condizioni si congiunga il giuramento, che pur da Tacito udimmo sopra, di dover essi e guardargli e difendergli e servir alla loro gloria, e tal spezie di diritti si pensi di diffinirsi con un nome di legge: che si vedrà con evidenza che non può convenir loro altro nome che di questi i quali da noi si dicono «feudi».
Di tal maniera si truovarono le prime città fondate sopra ordini di nobili e caterve di plebei, con due contrarie eterne propietà, le quali escono da questa natura di cose umane civili che si è qui da noi ragionata: de' plebei di voler sempre mutar gli Stati, come sempre essi gli mutano; e de' nobili, sempre di conservargli. Onde, nelle mosse de' civili governi, se ne dicono «ottimati» tutti coloro che si adoperano per mantenere gli Stati, ch'ebbero tal nome da questa propietà di star fermi ed in piedi.
Quivi nacquero le due divisioni: una di sappienti e di volgo, perocché gli eroi fondavano i loro regni nella sapienza degli auspìci, come si è detto nelle Degnità e molto sopra si è ragionato. In séguito di questa divisione, restò al volgo l'aggiunto perpetuo di «profano»; perché gli eroi, ovvero i nobili, furono i sacerdoti dell'eroiche città, come certamente lo furono tra' romani fin a cent'anni dopo la legge delle XII Tavole, come sopra si è detto; onde i primi popoli, con certa spezie di scomunica, toglievano la cittadinanza, qual fu tra' romani l'interdetto dell'acqua e fuoco, come appresso si mostrerà. Perciò le prime plebi delle nazioni si tennero per istranieri, come or ora vedremo (e ne restò propietà eterna che non si dà la cittadinanza ad un uomo di diversa religione); e da tal «volgo» restaron detti «vulgo quæsiti» i figliuoli fatti nel chiasso, per ciò che sopra abbiam ragionato, che le plebi nelle prime città, perocché non vi avevano la comunanza delle cose sagre o divine, per molti secoli non contrassero matrimoni solenni.
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Tacito Stati Stati Degnità XII Tavole
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