I quali stranieri, con le «tentazioni tribunizie» ch'elegantemente dice Livio (e noi l'abbiamo noverate, nell'annotazioni alla legge Publilia, sopra, nella Tavola cronologica), lo stato di Roma da aristocratico finalmente cangiarono in popolare.
Non essersi Roma fondata sopra le prime rivolte agrarie egli ci dimostra essere stata una città nuova, come canta la storia. Fu ella bensì fondata sopra l'asilo, dove, durando ancora dappertutto le violenze, avevano dovuto prima farsi forti Romolo e i suoi compagni, e poi ricevervi i rifuggiti, e quivi fondare le clientele, quali sono state sopra da noi spiegate: onde dovette passare un dugento anni perch'i clienti s'attediassero di quello stato: quanto tempo vi corse appunto perché il re Servio Tullio vi portasse la prima agraria. Il qual tempo aveva dovuto correre nelle antiche città per un cinquecento anni, per questo istesso: che quelle si composero d'uomini più semplici, questa di più scaltriti; ch'è la cagione perché i romani manomisero il Lazio, quindi Italia, e poi il mondo, perché più degli altri latini ebbero giovine l'eroismo. La qual istessa è la ragione più propia (la qual si disse nelle Degnità) ch'i romani scrissero in lingua volgare la loro storia eroica, ch'i greci avevano scritta con favole.
Tutto ciò ch'abbiamo meditato de' princìpi della politica poetica e veduto nella romana storia, a maraviglia ci è confermato da questi quattro caratteri eroici: primo, dalla lira d'Orfeo ovvero d'Apollo; secondo, dal teschio di Medusa; terzo, da' fasci romani; quarto ed ultimo, dalla lutta d'Ercole con Anteo.
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