Appunto come Appio, nipote del decemviro, circa il trecento di Roma, com'altra volta si è detto, cantando a' plebei romani la forza degli dèi negli auspìci, de' quali i nobili dicevano aver la scienza, gli mantiene nell'ubbidienza de' nobili. Appunto come Anfione, cantando sulla lira, de' sassi semoventi innalza le mura di Tebe, che trecento anni innanzi aveva Cadmo fondato, cioè vi conferma lo stato eroico.
7.
COROLLARI D'INTORNO ALLE COSE ROMANE ANTICHE E PARTICOLARMENTE DEL SOGNATO REGNO ROMANO MONARCHICO E DELLA SOGNATA LIBERTÀ POPOLARE ORDINATA DA GIUNIO BRUTO.
Queste tante convenienze di cose umane civili tra romani e greci, onde la storia romana antica a tante pruove si è qui truovata esser una perpetua mitologia istorica di tante, sì varie e diverse favole greche, chiunque ha intendimento (che non è né memoria né fantasia) pongono in necessità di risolutamente affermare che, da' tempi degli re infino a' connubi comunicati alla plebe, il popolo romano (il popolo di Marte) si compose di soli nobili; e ch'a tal popolo di nobili il re Tullo, incominciando dall'accusa d'Orazio, permise a' rei condennati o da' duumviri o da' questori l'appellagione a tutto l'ordine, quando i soli ordini eran i popoli eroici, e le plebi erano accessioni di tali popoli (quali poi le provincie restarono accessioni delle nazioni conquistatrici, come l'avvertì ben il Grozio); ch'appunto è l'«altro popolo» che chiamava Telemaco i suoi plebei nell'adunanza che noi qui sopra notammo. Onde, con forza d'un'invitta critica metafisica sopra essi autori delle nazioni, si dee scuotere quell'errore: che tal caterva di vilissimi giornalieri, tenuti da schiavi, fin dalla morte di Romolo avessero l'elezione degli re, la qual poi fusse appruovata da' padri.
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