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      Allo 'ncontro si rifletta al giuramento, che dice Aristotile, che giuravano gli eroi d'esser eterni nimici alla plebe. Si rifletta quindi sulla storia romana nel tempo della romana virtł, che Livio determina ne' tempi della guerra con Pirro, a cui acclama con quel motto: «nulla ętas virtutum feracior», e noi (con Sallustio, appo sant'Agostino, De civitate Dei) stendiamo dalla cacciata degli re fin alla seconda guerra cartaginese. Bruto che consagra con due suoi figliuoli la sua casa alla libertą; Scevola che, col punire del fuoco la sua destra, la quale non seppe ucciderlo, atterrisce e fuga Porsena, re de' toscani; Manlio detto «l'imperioso» che, per un felice peccato di militar disciplina, istigatogli da stimoli di valor e di gloria, fa mozzare la testa al suo figliuolo vittorioso; i Curzi che si gittano armati a cavallo nella fossa fatale; i Deci, padre e figliuolo, che si consagrano per la salvezza de' lor eserciti; i Fabrizi, i Curi, che rifiutano le some d'oro da' sanniti, le parti offerte de' regni da Pirro; gli Attili Regoli che vanno a certa crudelissima morte in Cartagine per serbare la santitą romana de' giuramenti: che pro fecero alla misera ed infelice plebe romana? che per pił angariarla nelle guerre, per pił profondamente sommergerla in mar d'usure, per pił a fondo seppellirla nelle private prigioni de' nobili, ove gli battevano con le bacchette a spalle nude a guisa di vilissimi schiavi? e chi voleva di un poco sollevarla con una qualche legge frumentaria o agraria, da quest'ordine di eroi, nel tempo di essa romana virtł, egli era accusato e morto come rubello.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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