I poeti teologi considerarono la fisica del mondo delle nazioni; e perciò primieramente diffinirono il Cao essere confusione de' semi umani, nello stato dell'infame comunione delle donne: dal quale poi i fisici furono desti a pensare alla confusione de' semi universali della natura, e, a spiegarla, n'ebbero da' poeti già ritruovato e quindi acconcio il vocabolo. Egli era confuso, perché non vi era niun ordine d'umanità; era oscuro, perché privo della luce civile (onde «incliti» furon detti gli eroi). L'immaginarono ancora l'Orco, un mostro informe che divorassesi tutto, perché gli uomini nell'infame comunione non avevano propie forme d'uomini, ed eran assorti dal nulla, perché per l'incertezza delle proli non lasciavano di sé nulla: questo poi da' fisici fu preso per la prima materia delle naturali cose, che, informe, è ingorda di forme e si divora tutte le forme. Ma i poeti gli diedero anco la forma mostruosa di Pane, dio selvaggio ch'è nume di tutti i satiri, che non abitano le città ma le selve; carattere al quale riducevano gli empi vagabondi per la gran selva della terra, ch'avevano aspetto d'uomini e costumi di bestie nefande: che poi, con allegorie sforzate ch'osserveremo più appresso, i filosofi, ingannati dalla voce pãn, che significa «tutto», l'appresero per l'universo formato. Han creduto ancor i dotti ch'i poeti avesser inteso la prima materia con la favola di Proteo, con cui, immerso nell'acque, Ulisse da fuori l'acqua lutta in Egitto, né può afferrarlo, perché sempre in nuove forme si cangia.
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