Dissero «Esperia» la parte occidentale di Grecia, dove dentro la quarta parte dell'orizonte sorge la sera la stella Espero; poi videro l'Italia nel medesimo sito, ma molto maggiore di quella di Grecia, e la chiamaron «Esperia magna»; si stesero finalmente nella Spagna nel medesimo sito, e la chiamaron «Esperia ultima». I greci d'Italia, al contrario, dovettero chiamar «Ionia» la parte a lor riguardo orientale di Grecia oltramare, e restonne il nome, tra l'una e l'altra Grecia, di «mar Ionio»: poi, per la somiglianza del sito delle due Grecie, natia ed asiatica, i greci natii chiamaron «Ionio» la parte a lor riguardo orientale dell'Asia minore. E dalla prima Ionia è ragionevole che fusse in Italia venuto Pittagora da Samo, una dell'isole signoreggiate da Ulisse, non da Samo dell'Ionia seconda.
Dalla Tracia natia venne Marte, che fu certamente deità greca; e quindi dovette venir Orfeo, un de' primi poeti greci teologi.
Dalla Scizia greca venne Anacarsi, che lasciò in Grecia gli oracoli scitici, che dovetter esser simili agli oracoli di Zoroaste (che bisognò fusse stata dapprima una storia d'oracoli), onde Anacarsi è stato ricevuto tra gli antichissimi dèi fatidici: i quali oracoli dall'impostura poi furono trasportati in dogmi di filosofia; siccome gli Orfici ci furon supposti versi fatti da Orfeo, i quali, come gli oracoli di Zoroaste, nulla sanno di poetico e danno troppo odore di scuola platonica e pittagorica. Perciò da questa Scizia, per gl'iperborei natii, dovettero venir in Grecia i due famosi oracoli delfico e dodoneo, come ne dubitammo nell'Annotazioni alla Tavola cronologica; per che Anacarsi nella Scizia, cioè tra questi iperborei natii di Grecia, volendo ordinare l'umanità con le greche leggi, funne ucciso da Cadvido, suo fratello: tanto egli profittò nella filosofia barbaresca dell'Ornio, che non seppe ritruovargliele dappersé! Per le quali ragioni, quindi, dovett'essere pur scita Abati, che si dice avere scritto gli oracoli scitici, che non poteron esser altri che gli detti testé d'Anacarsi; e gli scrisse nella Scizia, nella quale Idantura, molto tempo venuto dopo, scriveva con esse cose: onde necessariamente è da credersi essere stati scritti da un qualche impostore de' tempi dopo essere state introdutte le greche filosofie.
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