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      Dipoi, per quella boria, tante volte detta, c'hanno le nazioni di vantar origini romorose straniere, particolarmente ove ne abbian avuto da' loro tempi barbari alcun motivo di crederle (siccome, nella barbarie ritornata, Gian Villani narra Fiesole essere stata fondata da Atlante, e che in Germania regnò un re Priamo troiano), perciò i latini volontieri sconobbero Fidio, vero lor fondatore, per Ercole, vero fondatore de' greci, e scambiarono il carattere de' loro pastori poeti con Evandro d'Arcadia.
      In terzo luogo, le nazioni, ov'osservano cose straniere, che non possono certamente spiegare con voci loro natie, delle straniere necessariamente si servono.
      Quarto e finalmente, s'aggiugne la propietà de' primi popoli, che sopra nella Logica poetica si è ragionata, di non saper astrarre le qualità da' subbietti, e, non sappiendole astrarre, per appellare le qualità appellavan essi subbietti. Di che abbiamo ne' favellari latini troppo certi argomenti.
      Non sapevano i romani cosa fusse lusso: poi che l'osservarono ne' tarantini, dissero «tarantino» per «profumato». Non sapevano cosa fussero stratagemmi militari: poi che l'osservarono ne' cartaginesi, gli dissero «punicas artes». Non sapevano cosa fusse fasto: poi che l'osservarono ne' capovani, dissero «supercilium campanicum» per dire «fastoso» o «superbo». Così Numa ed Anco furon «sabini», perché non sapevano dire «religioso», nel qual costume eran insigni i sabini. Così Servio Tullio fu «greco», perché non sapevano dir «astuto», la qual idea dovettero mutoli conservare finché poi conobbero i greci della città da essi vinta ch'or noi diciamo; e fu detto anco «servo», perché non sapevano dir «debole», che rillasciò il dominio bonitario de' campi a' plebei con portar loro la prima legge agraria, come sopra si è dimostrato, onde forse funne fatto uccider da' padri: perché l'astuzia è propietà che siegue alla debolezza, i quali costumi erano sconosciuti alla romana apertezza e virtù. Ché invero è una gran vergogna che fanno alla romana origine, e di troppo offendono la sapienza di Romolo fondatore, [coloro che affermano] non aver avuto Roma dal suo corpo eroi da crearvi re, infino che dovette sopportare il regno d'un vil schiavo: onore che gli han fatto i critici occupati sugli scrittori, somigliante all'altro, che seguì appresso, che, dopo aver fondato un potente imperio nel Lazio e difesolo da tutta la toscana potenza, han fatto andar i romani come barbari eslegi per l'Italia, per la Magna Grecia e per la Grecia oltramare, cercando leggi da ordinare la loro libertà, per sostenere la riputazione alla favola della legge delle XII Tavole venuta in Roma da Atene.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
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