Ora, perché sono parti della geografia la nomenclatura e la corografia, o sieno nominazione e descrizione de' luoghi, principalmente delle città, per compimento della sapienza poetica ci rimane di queste da ragionare.
Se n'è detto sopra che le città eroiche si ritruovarono dalla provvedenza fondate in luoghi di forti siti, che gli antichi latini con vocabolo sagro, ne' loro tempi divini, dovettero chiamare «aras» e appellar anco «arces» tai luoghi forti di sito, perché ne' tempi barbari ritornati da «rocce», rupi erte e scoscese, si dissero poi le «ròcche», e quindi «castella» le signorie. E, alla stessa fatta, tal nome di «are» si dovette stendere a tutto il distretto di ciascun'eroica città, il quale, come sopra si è osservato, si disse «ager» in ragionamento di «confini con istranieri» e «territorium» in ragionamento di «giurisdizione sui cittadini». Di tutto ciò vi ha un luogo d'oro appo Tacito, ove descrive l'ara massima d'Ercole in Roma, il quale, perché troppo gravemente appruova questi princìpi, rapportiamo qui intiero: «Igitur a foro boario, ubi æneum bovis simulacrum adspicimus, quia id genius animalium aratro subditur, sulcus designandi oppidi captus, ut magnam Herculis aram complecteretur, ara Herculis erat»; - un altro pur d'oro appresso Sallustio, ove narra la famosa ara de' fratelli Fileni rimasta per confine dell'imperio cartaginese e del cirenaico.
Di sì fatte are è sparsa tutta l'antica geografia. E, incominciando dall'Asia, osserva il Cellari nella sua Antica geografia che tutte le città della Siria si dissero «are» con innanzi o dopo i loro propi vocaboli, ond'essa Siria se ne disse Aramea ed Aramia.
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