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      Le delizie de' giardini d'Alcinoo, la magnificenza della sua reggia e la lautezza delle sue cene ci appruovano che già i greci ammiravano lusso e fasto.
     
      IV
     
      I fenici già portavano nelle greche marine avolio, porpora, incenso arabico, di che odora la grotta di Venere; oltracciò, bisso più sottile della secca membrana d'una cipolla, vesti ricamate, e, tra' doni de' proci, una da rigalarsi a Penelope, che reggeva sopra una macchina così di dilicate molle contesta, che ne' luoghi spaziosi la dilargassero, e l'assettassero negli angusti. Ritruovato degno della mollezza de' nostri tempi!
     
      V
     
      Il cocchio di Priamo, con cui si porta ad Achille, fatto di cedro, e l'antro di Calipso ne odora ancor di profumi, il qual è un buon gusto de' sensi, che non intese il piacer romano quando più infuriava a disperdere le sostanze nel lusso sotto i Neroni e gli Eliogabali.
     
      VI
     
      Si descrivono dilicatissimi bagni appo Circe.
     
      VII
     
      I servetti de' proci, belli, leggiadri e di chiome bionde, quali appunto si vogliono nell'amenità de' nostri costumi presenti.
     
      VIII
     
      Gli uomini come femmine curano la zazzera; lo che Ettorre e Diomede rinfacciano a Paride effemminato.
     
      IX
     
      E, quantunque egli narri i suoi eroi sempre cibarsi di carni arroste, il qual cibo è 'l più semplice e schietto di tutti gli altri, perché non ha d'altro bisogno che delle brace: il qual costume restò dopo ne' sagrifizi, e ne restarono a' romani dette «prosiicia» le carni delle vittime arroste sopra gli altari, che poi si tagliavano per dividersi a' convitati, quantunque poscia si arrostirono, come le profane, con gli schidoni.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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