Ma, lasciando queste due nostre, la difficultà d'Orazio, combinata con quello ch'abbiamo detto della commedia nuova doveva pure porre in ricerca i Patrizi, gli Scaligeri, i Castelvetri ed altri valenti maestri d'arte poetica d'investigarne la ragion della differenza.
Cotal ragione non può rifondersi altrove che nell'origine della poesia, sopra qui scoverta nella Sapienza poetica, e 'n conseguenza nella discoverta de' caratteri poetici, ne' quali unicamente consiste l'essenza della medesima poesia. Perché la commedia nuova propone ritratti de' nostri presenti costumi umani, sopra i quali aveva meditato la socratica filosofia, donde dalle di lei massime generali d'intorno all'umana morale poterono i greci poeti, in quella addottrinati profondamente (quale Menandro, a petto di cui Terenzio da essi latini fu detto «Menandro dimezzato»); poterono, dico, fingersi cert'esempli luminosi di uomini d'idea, al lume e splendor de' quali si potesse destar il volgo, il quale tanto è docile ad apprendere da' forti esempli quanto è incapace d'apparare per massime ragionate. La commedia antica prendeva argomenti ovvero subbietti veri e gli metteva in favola quali essi erano, come per una il cattivo Aristofane mise in favola il buonissimo Socrate e 'l rovinò. Ma la tragedia caccia fuori in iscena odî, sdegni, collere, vendette eroiche (ch'escano da nature sublimi, dalle quali naturalmente provengano sentimenti, parlari, azioni in genere, di ferocia, di crudezza, di atrocità) vestiti di maraviglia; e tutte queste cose sommamente conformi tra loro ed uniformi ne' lor subbietti, i quali lavori si seppero unicamente fare da' greci ne' loro tempi dell'eroismo, nel fine de' quali dovette venir Omero.
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