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      Lo che con questa critica metafisica si dimostra: che le favole, le quali sul loro nascere eran uscite diritte e convenevoli, elleno ad Omero giunsero e torte e sconce; come si può osservare per tutta la Sapienza poetica sopra qui ragionata, che tutte dapprima furono vere storie, che tratto tratto s'alterarono e si corruppero, e così corrotte finalmente ad Omero pervennero. Ond'egli è da porsi nella terza età de' poeti eroici: dopo la prima, che ritruovò tali favole in uso di vere narrazioni, nella prima propia significazione della voce mûthos, che da essi greci è diffinita «vera narrazione»; la seconda di quelli che l'alterarono e le corruppero; la terza, finalmente, d'Omero, che così corrotte le ricevé.
      Ma, per richiamarci al nostro proponimento, per la ragione da noi di tal effetto assegnata, Aristotile nella Poetica dice che le bugie poetiche si seppero unicamente ritruovare da Omero, perché i di lui caratteri poetici, che in una sublime acconcezza sono incomparabili, quanto Orazio gli ammira, furono generi fantastici, quali sopra si sono nella Metafisica poetica diffiniti, a' quali i popoli greci attaccarono tutti i particolari diversi appartenenti a ciascun d'essi generi. Come ad Achille, ch'è 'l subbietto dell'Iliade, attaccarono tutte le propietà della virtù eroica e tutt'i sensi e costumi uscenti da tali propietà di natura, quali sono risentiti, puntigliosi, collerici, implacabili, violenti, ch'arrogano tutta la ragione alla forza, come appunto gli raccoglie Orazio ove ne descrive il carattere.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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