Ad Ulisse, ch'è 'l subbietto dell'Odissea, appiccarono tutti quelli dell'eroica sapienza, cioè tutti i costumi accorti, tolleranti, dissimulati, doppi, ingannevoli, salva sempre la propietà delle parole e l'indifferenza dell'azioni, ond'altri da se stessi entrasser in errore e s'ingannassero da se stessi. E ad entrambi tali caratteri attaccarono l'azioni de' particolari, secondo ciascun de' due generi, più strepitose, le qual'i greci, ancora storditi e stupidi, avessero potuto destar e muover ad avvertirle e rapportarle a' loro generi. I quali due caratteri, avendogli formati tutta una nazione, non potevano non fingersi che naturalmente uniformi (nella quale uniformità, convenevole al senso comune di tutta una nazione, consiste unicamente il decoro, o sia la bellezza e leggiadria d'una favola); e, perché si fingevano da fortissime immaginative, non si potevano fingere che sublimi. Di che rimasero due eterne propietà in poesia: delle quali una è che 'l sublime poetico debba sempre andar unito al popolaresco; l'altra, ch'i popoli, i quali prima si lavoraron essi i caratteri eroici, ora non avvertono a' costumi umani altrimente che per caratteri strepitosi di luminosissimi esempli.
5.
PRUOVE FILOSOFICHE PER LA DISCOVERTA DEL VERO OMERO.
Le quali cose stando così, vi si combinino queste pruove filosofiche:
I
Quella che si è sopra tralle Degnità noverata: che gli uomini sono naturalmente portati a conservare le memorie degli ordini e delle leggi che gli tengono dentro le loro società.
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Ulisse Odissea Degnità
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